"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

28 novembre 2012

Destra e sinistra: la diade che non passa


di Antonio G. Pesce - Sta tornando di attualità un dibattito che credevamo morto tra le spire del partitismo degenere di questi ultimi anni. Ci sono ancora ragioni per dirsi di ‘destra’ o di ‘sinistra’? Parrebbe di no, e a dimostrarlo non è solo la discussione teorica, ma anche la nuda pratica politica. Il potere ha sempre bisogno di legittimità per esercitarsi. Non è un fatto naturale che un uomo decida (quale che ne siano i margini di manovra) sulla persona altrui, e non è altrettanto scontato sapere in che mondo dobbiamo abitare. L’agenda Monti, sottoscritta dai maggiori (o ex tali) partiti politici italiani, fa della necessità il suo fondamento: necessità di regolari i conti, di pagare i debiti, di fare sacrifici, almeno la parte consistente e meno abbiente del Paese. Ma anche questa è una scelta ideologica, che avrà anche le sue pur buone ragioni, non potendo però vantare alcuna ineludibilità dogmatica.

Potrebbe essere utile rileggere Destra e sinistra di Norberto Bobbio, nell’edizione ‘essenziale’ che la Donzelli ha mandato in stampa nel 2009. Mancano altri testi, accumulatesi dall’anno della prima uscita (correva il 1994) all’edizione del 2004, che rimane quella di riferimento.

Utile perché, innanzi tutto, non si allinea alla decretata fine della validità della diade (destra/sinistra appunto). Questa distinzione del linguaggio politico continua a persistere ancora oggi, che di anni ne sono passati venti da quando ci rifletteva sopra Bobbio. Possiamo, infatti, trovare riprovevole lo sbando morale in cui versano partiti e istituzioni, e possiamo anche votare in modo cinico, contrapponendo all’antica ma ormai vetusta casa, a quel tetto in cui riparammo per anni, asili più stretti ma ancora vergini. Tuttavia, quella distinzione originaria persiste, il linguaggio comune la trattiene, non temendo di violare luoghi comuni né di non allinearsi a mode culturali.

Vero che il mondo si è maggiormente complicato negli anni, e tanti problemi tagliano trasversalmente il panorama politico, contrapponendo, in una specie di guerra civile ideologica, esponenti della stessa area di riferimento. Ma destra e sinistra non sono uno schema di comportamenti standardizzati per cui – dicendola con Gaber – fare la doccia è di sinistra mentre il bagno è di destra. Si tratta, semmai, di una ideal-tipizzazione, che nel reale sperimenta diverse sfumature: «Nulla di strano: fra il bianco e il nero ci può essere il grigio; fra il giorno e la notte c’è il crepuscolo. Ma il grigio non toglie nulla alla differenza fra il bianco e il nero, né il crepuscolo alla differenza fra la notte e il giorno» (p. 24).

Perfino la ‘trasmigrazione’ di determinati autori di riferimento da un polo all’altro non è sintomo della crisi della diade. Nietzsche, Heidegger e Schmitt sono autori storicamente definiti ‘di destra’, in realtà molto letti (in Italia e anche in Francia) da studiosi di chiara collocazione ‘ a sinistra’. Bobbio li ritiene comuni non già per quello che dicono, bensì per come lo dicono: l’affrettare i tempi, il correre verso la dissoluzione di un sistema per giungere all’«aurora» di uno nuovo è comune agli estremismi.

Questo punto è importante. Bobbio dimostra di farsi guidare da una ‘certa’ visione della destra: teutonica possiamo dire, che ha anche avuto risvolti paganeggianti. Cita – è vero – autori cattolici come Donoso Cortes o De Maistre, ma per liquidarli sbrigativamente come irrazionalisti e reazionari. Insomma, egli segue l’immagine che la destra ha dato di sé negli ultimi trent’anni, in cui ha operato (non si sa quanto in bene) Alain de Benoist. Non è questa la sola destra, tuttavia. Il filosofo genovese Piero Vassallo da anni tenta di dare una visione diversa, mostrando i limiti di certo pensiero tedesco, e chiedendo una rivalutazione di pensatori e dottrine tipicamente italiani. Se si affermasse questa ‘scuola’, bisognerebbe rivedere la rotta indicata da quella che Bobbio chiama «stella polare», il criterio cioè a cui si è affidato nel distinguere i due poli ideologici: l’eguaglianza. Per il filosofo torinese, infatti, la sinistra è più egualitaria della destra, mentre questa accetta di più le ineguaglianze. «Ne segue che quando si attribuisce alla sinistra una maggiore sensibilità per diminuire le diseguaglianze non si vuol dire che essa pretende di eliminare tutte le diseguaglianze o la destra le voglia tutte conservare, ma tutt’al più che la prima è più egualitaria e la seconda è più inegualitaria» (p. 95).

Mi pare che questa visione, oltre che molto tarata dalla formazione di Bobbio, abbia anche fatto il suo tempo. La differenza potrebbe essere, invece, di ben altra natura che politica e sociale, consistendo in una diversa visione antropologica. Vi è chi crede che l’uomo abbia limiti (costitutivi della sua essenza, ontologici) e chi crede che non ne abbia. Tutta qui la differenza? Non è roba da poco. La sinistra è tecnica, l’idea che, in fin dei conti, l’uomo possa autoregolarsi da sé e formarsi il proprio mondo. La destra è pratica, la certezza che l’uomo abbia profondi limiti, non sempre superabili e comunque affrontabili a rischio di enormi pericoli. La sinistra coltiva l’audacia, la destra la prudenza. Il che non vuol dire che gli uni siano coraggiosi, spavaldi, eccetera, mentre gli altri codardi, pacifici, o altro. In fondo, sono due visioni dell’uomo (schematicamente parlando) che si contrappongono come limiti ideali. Nel mezzo c’è la realtà, che è la realtà di ciascuno di noi.



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