"-E' come nelle grandi storie, padron Frodo, in quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi nemmeno sapere come andavano a finire, perchè come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare come prima dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine, era solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve finire. Arriverà un nuovo giorno, e quando il sole sorgerà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che ti insegnavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire perchè. Ma credo, padron Frodo, di capire. Ora, so. I protagonisti di quelle storie avevano molte occasioni per tornare indietro, ma non l'hanno fatto. Sono andati avanti, perchè erano aggrappati a qualcosa. - Noi a cosa siamo aggrappati, Sam? - C'è ancora del buono a questo mondo, padron Frodo. Ed è giusto combattere per questo."
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli.

28 novembre 2012

Destra e sinistra: la diade che non passa


di Antonio G. Pesce - Sta tornando di attualità un dibattito che credevamo morto tra le spire del partitismo degenere di questi ultimi anni. Ci sono ancora ragioni per dirsi di ‘destra’ o di ‘sinistra’? Parrebbe di no, e a dimostrarlo non è solo la discussione teorica, ma anche la nuda pratica politica. Il potere ha sempre bisogno di legittimità per esercitarsi. Non è un fatto naturale che un uomo decida (quale che ne siano i margini di manovra) sulla persona altrui, e non è altrettanto scontato sapere in che mondo dobbiamo abitare. L’agenda Monti, sottoscritta dai maggiori (o ex tali) partiti politici italiani, fa della necessità il suo fondamento: necessità di regolari i conti, di pagare i debiti, di fare sacrifici, almeno la parte consistente e meno abbiente del Paese. Ma anche questa è una scelta ideologica, che avrà anche le sue pur buone ragioni, non potendo però vantare alcuna ineludibilità dogmatica.

Il 'sistema' di Crocetta

crocetta pro loco

di Antonio G. Pesce - Adesso che, in ballo, non c’è più il potere – quella strana cosa per cui gli esseri umani venderebbero anche la madre – potremmo lanciare il nostro endorsement per chiunque, così come pubblicare qualsiasi sozzeria. Nessuno avrebbe di che obiettare. Silenzio, quasi indifferenza. Ci basta, invece, analizzare le ultime mosse del nostro presidente della regione.

La giunta è stata completata. Crocetta faceva la voce grossa in terra sicula, mentre poi si recava a Roma per discutere con Udc e Pd dei possibili assessori. Ottima mossa, perché ad un Politburo di stretta nomina presidenziale non ci avrebbe creduto nessuno, e in fin dei conti non avrebbe rappresentato una maggiore garanzia per i siciliani, anche per quelli che Crocetta non l’hanno votato. Siamo in una fase critica come mai, ed è bene sapere prima di chi potrebbero essere meriti e demeriti. Per cinquant’anni suonati questa Repubblica si è fondata sullo scaricabarile, grazie anche ad un sistema informativo che ha taciuto le colpe, se non addirittura mistificato i fatti.

8 novembre 2012

Il Grande Fratello Gay



 Articolo del giugno 2000.

di Antonio Giovanni Pesce - Il Grande Fratello Multimediatico si è mosso, la lavatrice delle intenzioni e dei pensieri già incomincia a fare la centrifuga alle altrui convinzioni: panni bianchi e panni scuri vengono lavati nella stessa acqua, con la stessa temperatura. Il fast-food della cultura dispensa cibi in nome dell’appetibile conformismo e del consumabile gusto: niente è più buono, tutto è buonista. Così, i salotti del televisore, dove ogni sera Trans. & Omo si avvicendano per esprimere i propositi delle loro manifestazioni, le buoni intenzioni di una convivenza pacifica e tollerante – verrebbe da dire che “bella scoperta”! – oggi, in questi giorni più che mai, si popolano di santoni della civiltà, di grassoni baffuti, che non hanno nient’altro da dire che esprimere melense teorie sull’emancipazione sessuale, sulla libertà dei costumi e altre cose del genere Sodoma e Gomorra.

7 novembre 2012

Le Politiche del 2001


Articolo del maggio 2001




di Antonio Giovanni Pesce - L’altalenante umore della fortuna è l’ultimo a decidere le vicende umane, ma il primo a riderne. E così, se la sconfitta della sinistra pareva chiara ed inesorabile quando, erano le ventitré, venivano diramati i primi sondaggi, alle prime ore della notte Folena metteva quasi indubbio la vittoria della Casa della Libertà, in virtù di “dati diversi da quelli dei sondaggi”. Quali dati abbiano avuto dalle sezioni, i dirigenti dell’Ulivo, questo non ci è dato sapere. Eppure all’alba, e man mano che continuava lo sfoglio (unico protagonista di queste politiche), le parole dette nella notte parevano frutto più di una visione o, peggio, dettate dal sonno e dalla stanchezza, che non da una, seppur minima, probabilità. Ma si sa: i vincitori esultano troppo presto, per non rasentare l’impertinenza, così come gli sconfitti si dichiarano tali (anche se con svariati e non sempre riusciti eufemismi) troppo tardi, perché non cadano nel ridicolo. 

6 novembre 2012

Il calcio è la guerra civile italiana combattuta con i gol.

Gli Europei del 2000 e la guerra di posizione tra Berlusconi e Zoff. Ci siamo permessi anche queste polemiche....

di Antonio Giovanni Pesce - Lo ha scritto chi sa chi e chi sa quando, ma rimane ancora valida l’immagine della vita come un teatro, e delle sue vicende come atti di una tragedia, se grandi sono gli attori, o quadri di una operetta, se sono comparse di mezzo taglia. Potevano concludersi come se fossero stati una immensa Iliade, questi europei del 2000, una Iliade nella quale l’Achille di turno, l’italiano Francesco Toldo, dopo aver annientato la compagnie troiano-olandese, si fosse arreso davanti alla Moira, piangendo per la sconfitta subita dalle Erinni-francesi, l’unica a trovare il suo tallone. Una Iliade rivisitata, certo, ma sempre eroica, sempre epica. Invece, come si suole fare in Italia, il paese di Pulcinella e Pantalone, la falsa giunge quasi un attimo dopo il dramma, e non sai se piangere per il giorno prima, o ridere per le vicende del giorno successivo.


5 novembre 2012

Quando D'Alema perse il Baffo. E il partito.

Un articolo del giugno 2001. 
Titolo del novembre 2012. 



di Antonio Giovanni Pesce - Qualche tempo fa, Massimo D’Alema, in una intervista divenuta libro, aveva di che parlare sulla normalità del nostro paese, senza mai immaginare che, da lì a qualche anno, poco più o poco meno, quella stessa normalità avrebbe fagocitato le sue ambizioni di divenire, a tutti gli effetti, il leader indiscusso di uno schieramento composito. Che ne avesse la stoffa, di questo nessuno ne ha mai dubitato: un vaso di acciaio fine, ben temprato nella fornace delle ideologie e della guerra fredda, in viaggio verso una legittimazione politica ( che un  politico di razza, quale egli è, sa  di poter trovare solo nell’esercizio del potere), dopo il fallimento del comunismo italiano e non, in compagnia di vasi d’argilla, vuoti, che solo i ricettacoli della storia avrebbero potuto riempire.

2 novembre 2012

La Chiesa forte è la Chiesa debole

Un articolo del 2000 sul vero significato dell'atto con cui la Chiesa di Roma, regnante Giovanni Paolo II, chiese perdono per le colpe del passato. Un atto con cui una casta Madre chiese perdono per le sozzerie dei figli perpetrate a suo nome.



L’efficienza è tutto, è nella qualità della salute, esaltata paganamente come un continuo di vigore e forza, che la nostra epoca, l’epoca dei grandi raggruppamenti economici, l’epoca della dittatura democratica, nella quale piccole oligarchie economiche ed esigue maggioranze maggioritarie hanno il loro dominio nella “cosa pubblica” e, facendo leva sul lassismo morale, cercano di radicarsi nell’anima della persona, che la nostra epoca trova il suo unico e indiscusso valore. Il perdono non abita più qui, dice l’uomo del ’900, perché in ballo, ormai in ogni discorso, in ogni disputa, in ogni rapporto, egli non vede più i normali termini del confronto, bensì, in una dilatata ottica frutto della diffidenza inculcata nei cuori degli uomini dalle ideologie, egli vede la lotta per la sopravvivenza, si batte perché il suo primato sull’altro sia un dato di fatto, e non frutto di un reciproco riconoscersi. Ecco, che il perdono, atto che annulla ogni distanza fra uomo e uomo, e che anzi pone a  mercé dell’uno che se lo vede richiesto l’altro che lo richiede, è bandito dalla scena politica come di quella culturale, e se non fosse per qualche sceneggiata, che a volte vediamo campeggiare sugli schermi dei televisori, e osannata dagli incensi dell’ipocrisia dell’informazione irreggimentata, noi perderemmo tanto il concetto di “perdono” quanto il nome.